Dopo la prima rappresentazione della Morte di un commesso viaggiatore al Morosco Theater di New York nel 1949, un commosso Arthur Miller disse: “Lee J. Cobb è Willy Loman. L’avevo immaginato diverso, ma ho scoperto che lui è Willy”. Meno generoso fu Giovannino Guareschi quando seppe che il suo don Camillo avrebbe avuto sul grande schermo i lineamenti e le movenze di Fernand-Joseph-Désiré Contandin, Fernandel: “Sarà bravissimo, ma ha una faccia da cavallo”.
Fernandel ne Il ritorno di don Camillo. Julien Duvivier, 1953.

Guareschi scrisse (e sottolineò) questa frase in una lettera indirizzata all’editore Angelo Rizzoli il 19 agosto 1951 e ritrovata pochi anni fa da Cristiano Dotti nell’archivio dello scrittore. Non ebbe maggiore fortuna l’altra metà della coppia protagonista, Gino Cervi: né l’autore né, a suo dire, i lettori si sarebbero mai immaginati “un Peppone così bellino e rotondetto”. Un ruolo, quello della nemesi di don Camillo, ambito dal proprio Guareschi, ma al quale si vide costretto a rinunciare dopo un provino disastroso che quasi finì, come ricordava Tatti Sanguineti in C’era una volta Don Camillo (2012), con il soffocamento di Franco Interlenghi.

Queste obiezioni (soltanto fisiche) non furono l’unica pozzanghera che Rizzoli e il produttore Giuseppe Amato dovettero saltare: nell’Italia del dopoguerra, dominata dalla sensibilità e la critica di sinistra, avere a che fare con quel “reazionario” indomabile di Guareschi significava entrare in un campo minato. Inizialmente, i “no” di Alessandro Blasetti, Mario Camerini, Luigi Zampa e Vittorio De Sica furono un colpo duro, ma determinarono un cambio di rotta vincente: la nuova coproduzione italo-francese sedette dietro la cinepresa un regista “estraneo”, caparbio e privo di preconcetti ideologici (e ideologizzati).

Fernandel, Gino Cervi e Saro Urzì in Don Camillo monsignore… ma non troppo. Carmine Gallone, 1961.

Fu così che Julien Duvivier diresse i primi due film della saga e fu anche così che Brescello diventò la casa di don Camillo e Peppone. Secondo il settimanale L’Europeo, il regista esclamò: “Ici, ici, voilà le pays!” (“Qui, qui, eccolo, il paese!”), quando scoprì la topografia di quella fetta della Bassa reggiana che, come l’immaginario Ponteratto, aveva la chiesa e il municipio sulla stessa piazza, i portici e “una strada che portava ai lunghi e maestosi argini del Fiume”. I tempi del “Mondo piccolo” funzionarono su pellicola come su carta -come un piccolo miracolo- e il successo editoriale planetario diventò anche un successo cinematografico planetario.

La strada spianata da Don Camillo (1952) e Il ritorno di don Camillo (1953) venne percorsa da altri tre film, che mischiarono più liberamente i racconti originali e idearono alcuni episodi ex novo. Veterano tra i veterani, Carmine Gallone firmò Don Camillo e l’onorevole Peppone (1955) e Don Camillo monsignore… ma non troppo (1961), riflettendo tempi di acque politiche turbolente, con il copione entrando e uscendo dal carcere dove era finito Guareschi dopo il processo De Gasperi. Nel 1965, Luigi Comencini girò Il compagno don Camillo, commedia irresistibile dai ritmi serrati, a cavallo tra Brescello e la Rodina-Mat russa.

Fernandel e Gino Cervi ne Il compagno don Camillo. Luigi Comencini, 1965.

Nonostante questi cambi di regista e i quindici anni trascorsi tra la prima e la quinta puntata (Don Camillo e i giovani d’oggi venne interrotto dalla prematura scomparsa di Fernandel nel 1971), la serie si legge come un polittico “sempre uguale e sempre diverso”, specchio della Bassa padana definita da Bernardo Bertolucci “un quadro senza cornice”: come lei, fonde gli orizzonti della realtà e la favola (indimenticabili i dialoghi tra Gesù e don Camillo, nelle voci di Ruggero Ruggeri / Renzo Ricci e Carlo Romano, incastonati con una naturalezza disarmante nei battibecchi quotidiani), fino a tuffarsi nel mare della poesia con Riccardo Cucciolla, narratore dell’ultimo film.

Una favola, dunque, fatta di carne e terra, di assoluta onestà, autenticità e modernità, scandita dai ritmi eterni del Padre Po. “Chi li ha creati [don Camillo e Peppone] è la Bassa”, affermava Guareschi, una penna geniale ancora tutta da rivendicare, “io li ho incontrati, li ho presi sottobraccio e li ho fatti camminare su e giù per l’alfabeto” (Mondo piccolo, “Don Camillo e il suo gregge”, p. XIV). Un micro mondo contadino, idealmente diviso tra democristiani e comunisti, che diventa universale, capeggiato da due paladini -il rosso e il nero, con permesso di Stendhal- alla ricerca del gregge perduto negli anni smarriti della ricostruzione post bellica.

Fernandel e Gino Cervi ne Il compagno don Camillo. Luigi Comencini, 1965.

Don Camillo e Peppone -è inutile cercare di descrivere la genialità di Fernandel e Cervi, che si calano fino all’anima nell’anima dei personaggi- sono un “prete d’assalto” e un “sindaco di sfondamento” che spezzano tutti gli stereotipi, arrivando ad affilare le forbici del censore di turno nella versione originale: dove si era mai visto un uomo di Chiesa prendere a calci i fedeli (anzi, “il” fedele baffuto a targhe alterne) e lanciare i tavoli in aria? Il Mondo piccolo analizza con ironia, tenerezza e una lucidità sconfinata le trasformazioni sociali, politiche e religiose dalla fine della Seconda guerra mondiale, facendo leva sulla simbologia del “prete” e il “compagno” per farla saltare in aria.

Viene così disegnata un’autentica geografia sentimentale italiana, uno dei passaggi più deliziosi della nostra letteratura e del nostro cinema, attraverso la rivendicazione del diritto all’utopia e del diritto (e il dovere) di riscoprire l’essere umano dietro qualsiasi ideologia. Sotto la tonaca nera e la bandiera rossa, si celano due camerati che hanno rischiato la vita fianco a fianco contro il nazifascismo e che, nella ricerca del bene comune per le loro pecorelle -sempre le stesse-, sono condannati a capirsi. Nella miriade di storie meravigliose che la saga ci regala, una di quelle che rappresenta meglio questo piccolo miracolo è la morte della maestra, monarchica convinta:

In qualità di sindaco non posso che approvare le vostre decisioni, ma siccome in questo paese non è il sindaco che comanda, ma i comunisti, in qualità di capo dei comunisti vi dirò che me ne infischio del vostro parere. La signora Cristina andrà al cimitero con la bandiera che ha voluto perché francamente rispetto più lei morta che voi tutti vivi. E, se qualcuno ha qualcosa da obiettare, lo faccio volare dalla finestra. Il signor curato ha qualcosa da dire?

La risposta di don Camillo? “Cedo alla violenza…”. Sì, “leggermente” compiaciuto per la decisione di Peppone.

Roberto Loreti e Fernandel ne Il ritorno di don Camillo. Julien Duvivier, 1953.

Don Camillo su pellicola:

Don Camillo. Un film di Julien Duvivier, 1952. Italia – Francia, Cineriz. 107′, b/n. Soggetto: Giovannino Guareschi. Sceneggiatura: Julien Duvivier, René Barjavel. Interpreti: Carlo Duse, Fernandel, Franco Interlenghi, Gino Cervi, Giorgio Albertazzi, Giovanni Onorato, Leda Gloria, Peppino De Martino, Saro Urzì, Sylvie, Vera Talchi. Voce narrante: Emilio Cigoli. Voce di Gesù: Ruggero Ruggeri. Fotografia: Nicolas Hayer. Montaggio: Maria Rosada. Scenografia: Virgilio Marchi. Musiche: Alessandro Cicognini. 

Il ritorno di don Camillo. Un film di Julien Duvivier, 1953. Italia – Francia, Dear Film. 116′, b/n. Soggetto: Giovannino Guareschi. Sceneggiatura: Giuseppe Amato, Julien Duvivier, René Barjavel. Interpreti: Checco Durante, Édouard Delmont, Enzo Stajola, Fernandel, Gino Cervi, Giovanni Onorato, Leda Gloria, Lia Di Leo, Paolo Stoppa, Roberto Loreti, Saro Urzì, Thomy Bourdelle. Voce narrante: Emilio Cigoli. Voce di Gesù: Ruggero Ruggeri. Fotografia: Anchise Brizzi. Montaggio: Marthe Poncin. Musiche: Alessandro Cicognini.

Don Camillo e l’onorevole Peppone. Un film di Carmine Gallone, 1955. Italia, Rizzoli Film. 97′, b/n. Soggetto: Giovannino Guareschi. Sceneggiatura: Giovannino Guareschi. Interpreti: Carlo Duse, Claude Sylvain, Fernandel, Gino Cervi, Giovanni Onorato, Leda Gloria, Marco Tulli, Memmo Carotenuto, Saro Urzì, Umberto Spadaro. Voce narrante: Emilio Cigoli. Voce di Gesù: Renzo Ricci. Fotografia: Anchise Brizzi. Montaggio: Niccolò Lazzari. Scenografia: Virgilio Marchi. Musiche: Alessandro Cicognini.

Don Camillo monsignore, ma non troppo. Un film di Carmine Gallone, 1961. Italia, Cinema Rizzoli. 117′, b/n. Soggetto: Giovannino Guareschi. Sceneggiatura: Carmine Gallone, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi. Interpreti: Andrea Checchi, Armando Bandini, Carlo Giuffré, Carlo Taranto, Emma Gramatica, Fernandel, Gina Rovere, Gino Cervi, Leda Gloria, Marco Tulli, Ruggero De Daninos, Saro Urzì. Voce narrante: Sergio Fantoni. Voce di Gesù: Renzo Ricci. Fotografia: Carlo Carlini. Montaggio: Niccolò Lazzari. Scenografia: Piero Filippone. Musiche: Alessandro Cicognini.

Il compagno don Camillo. Un film di Luigi Comencini, 1965. Italia – Francia – Germania Ovest, Rizzoli Film – Francoriz Production – Omnia Film. 105′, b/n. Soggetto: Giovannino Guareschi. Sceneggiatura: Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi. Interpreti: Ettore Geri, Fernandel, Gianni Garko, Gino Cervi, Graziella Granata, Jacques Herlin, Jean Rougeul, Leda Gloria, Marco Tulli, Marina Morgan, Paul Müller, Rosemarie Lindt, Silla Bettini. Voce narrante: Riccardo Cucciolla. Voce di Gesù: Renzo Ricci. Fotografia: Armando Nannuzzi. Montaggio: Nino Baragli. Scenografia: Luigi Scaccianoce. Musiche: Alessandro Cicognini, Domenico Modugno, E. A. Mario, Franco Migliacci.

Quando Peppone era un gerarca fascista:

GLI ANNI RUGGENTI, MA NON TROPPO