La visita (Antonio Pietrangeli, 1963) racconta la storia di Pina (Sandra Milo), 36enne di San Benedetto Po, divisa tra il lavoro come contabile nel consorzio agrario locale, le faccende domestiche e qualche piccolo svago mondano. Un’esistenza tranquilla, forse troppo, che la spinge a pubblicare un annuncio matrimoniale su una rivista. Dopo un promettente scambio epistolare con Alfredo (François Périer), 43enne, commesso di libreria romano, i due decidono di incontrarsi nel paesello della Bassa mantovana e passare una giornata insieme per capire se i loro destini sono veramente destinati a incrociarsi.

François Périer e Sandra Milo ne La visita. Antonio Pietrangeli, 1963.

Nel 1929, Luigi Pirandello rilasciò un’intervista al Corriere della Sera nella quale ricordava che il cinema “deve liberarsi dalla letteratura per trovare la sua vera espressione e concretare la sua rivoluzione”. Quasi 35 anni dopo, seduto al tavolino di un caffè sulle sponde del grande fiume, Antonio Pietrangeli approfondiva il concetto: davanti alle telecamere della Rai, rivendicava la libertà come fondamento del rapporto tra parola scritta e parola filmata, “la stessa libertà che ci prendiamo nei confronti di un soggetto o di un fatto di cronaca, e non ridursi a fare una specie di calcomania [di un romanzo o racconto], seppure geniale, seppure molto bella”.

È questo lo spirito che ripercorre con maestria la sceneggiatura de La visita, per la quale Ettore Scola e Ruggero Maccari presero spunto da un racconto omonimo di Carlo Cassola, poi pubblicato da Einaudi in una raccolta di scritti giovanili dell’autore nel 1962. Assieme a loro, durante i primi mesi di lavorazione, ci fu anche Giuseppe De Santis, ma, consapevole dell’impossibilità di conciliare il progetto con le riprese di Italiani, brava gente (1964), che prevedevano un lungo viaggio in Russia, diede carta bianca ai colleghi per cercare un nuovo regista. E così Pietrangeli atterrò in un film che sembrava cucito su misura per lui.

Mario Adorf e François Périer ne La visita. Antonio Pietrangeli, 1963.

Nella commedia all’italiana, dove la figura femminile, come ricordava Scola, “entrava di solito nei film in seconda battuta” e sempre come subalterna (prevalentemente moglie o madre), il regista romano diede un colpo di timone che mise la donna al centro della narrazione, buttandosi a capofitto nell’oceano della sua psicologia profonda, delle sue problematiche intime e sociali. In questa scommessa rivoluzionaria, La visita non è soltanto uno dei più bei ritratti femminili della sua carriera, ma anche probabilmente il ruolo più straordinario di Sandra Milo, una proposta del produttore Moris Ergas che Pietrangeli accolse a braccia aperte.

E non ci stupisce affatto, poiché davanti alla sua cinepresa Sandrocchia aveva già dato delle stupende prove attoriali, in particolare Lolita, “lucciola” alla ricerca di un riscatto impossibile dopo la legge Merlin in Adua e le compagne (1960), e donna Flora, incantevole spettro ottocentesco in Fantasmi a Roma (1961). A coronare quest’intesa arrivò Pina, colonna portante di una storia brulicante di dialoghi ironici e teneri, malinconici e strazianti, e sostenuta da un irresistibile paesaggio umano, in un tempo dove la scrittura somigliava all’oreficeria e la stesura di una sceneggiatura si poteva prolungare per anni.

Gastone Moschin e Sandra Milo ne La visita. Antonio Pietrangeli, 1963.

Figli prediletti di questo modo di intendere il mestiere sono Cucaracha (Mario Adorf), lo scemo (mica tanto) del villaggio, innamorato perso di Pina dalle elementari, e Renato (Gastone Moschin), camionista, amico e amante della donna. Due eccezionali scudieri dei protagonisti, che con i loro sentimenti di affetto profondo per lei, ognuno a modo suo -Cucaracha, a suon di sassate, calci e giradischi; Renato, pronto al sacrificio personale pur di non intaccare un’ipotetica nuova stabilità sentimentale-, accelerano gli eventi e fanno cadere le maschere di compiacenza che Pina e Alfredo avevano deciso di indossare.

È l’inizio degli indimenticabili (e non è un modo di dire) tour de force interpretativi di Milo e di un François Périer meravigliosamente doppiato da Paolo Ferrari. Una storia lineare -interrotta soltanto da una manciata di flashback, antesignani dell’uso dei tempi narrativi di Io la conoscevo bene (1965)- che, nel giro di 24 ore, ci porta a spasso per la vita di provincia nella novella Italia del boom economico. Una quotidianità scandita da Carosello e gli sceneggiati televisivi, dove, tra una balera e l’altra, il conformismo borghese e il consumismo selvaggio riuscivano ad affondare le zanne nei ritmi eterni della Pianura Padana.

François Périer, Sandra Milo, Didi Perego e Mario Adorf ne La visita. Antonio Pietrangeli, 1963.

Ma ciò che in Pina è una genuina passione per la vita, in Alfredo si rivela grettezza, avarizia, egoismo, cinismo. Lui, che era arrivato nel paesello con l’aura del cittadino -ancor di più, con quella dell’antropologo-, con il trascorrere della giornata si vedrà costretto a riconoscere la sua brutale sconfitta personale e professionale. Perché, nella gloriosa tradizione della commedia all’italiana (quella commedia che rovescia tutte le regole della commedia, come insegna il maestro Mario Monicelli), La visita disegna una mappa della solitudine umana che, per intensità psicologica ed emozionale, tiene testa alla migliore incomunicabilità di Michelangelo Antonioni.

Se con Federico Fellini Sandra Milo è la tentazione erotica tra il sogno e la veglia, con Pietrangeli è la donna in carne e ossa, fatta di terra, dolore e speranza. E la sua Pina, che piangeva mentre cantava sottovoce Io che amo solo te di Sergio Endrigo, diventa un’esplosione di radiosa dignità, maturità e consapevolezza nella scena finale del film, che la vede alla guida della sua auto, dopo aver lasciato Alfredo nella stazione di Ferrara, con la moribonda promessa di rimanere in contatto epistolare. La stessa luce che quella mattina di primavera splende sul Po, testimone, assieme allo spettatore, della nascita di un nuovo giorno e di una nuova libertà.

Sandra Milo ne La visita. Antonio Pietrangeli, 1963.

La visita

Un film di Antonio Pietrangeli, 1963. Italia – Francia, Moris Ergas per Zebra Film – Aera Films. 100′, b/n.

Soggetto: Ettore Scola, Giuseppe De Santis, Ruggero Maccari, tratto dal racconto omonimo di Carlo Cassola. Sceneggiatura: Antonio Pietrangeli, Ettore Scola, Ruggero Maccari. Interpreti: Angela Minervini, Didi Perego, Ettore Baraldi, François Périer, Gastone Moschin, Mario Adorf, Sandra Milo. Fotografia: Armando Nannuzzi. Montaggio: Eraldo Da Roma. Scenografia: Luigi Scaccianoce. Musiche: Armando Trovajoli.

Dichiarazioni tratte da: intervista a Antonio Pietrangeli (Rai, 1963), intervista a Ettore Scola (DVD La visita, Mustang Entertainment, 2012), intervista a Mario Monicelli (DVD I compagni / The Organizer Special Edition, The Criterion Collection, 2012).

“Aveva ragione suo padre, uno che si chiama Rutilio…”:

FANTASMI A ROMA, O COME INNAMORARSI DEL CINEMA